e' il "1925, Re Giorgio V regna su un quarto della popolazione mondiale. Chiede al suo secondo figlio, il Duca di York, di fare il Discorso conclusivo della Empire Exhibition a Wembley, Londra".
Una graziosa musica, orecchiabile e di rimando al mondo inglese, apre assieme un radio-microfono, la prima inquadratura. In un piano medio, con macchina da presa posizionata dal basso, osserviamo sia la parte anteriore che quella posteriore dell'oggetto elettronico. Quindi un campo e contro campo ci aiutano non solo a studiare l'oggetto in questione ma a capire, fin dal principio, che il tema trattato è importante. Frontale ed infine un campo medio mostra la stanza dove avverrà qualcosa.
Degli appunti appaiono nel campo visivo ed infine una mano, visibilmente stressata, che li impugna.
Osserviamo pian piano un uomo, sotto il suo cappello, ripetere a bassa voce.
Di nuovo, la figura è in inquadrata, fino a metà busto, sullo sfondo di una parete bianca di mattoni, un uomo sta rileggendo gli appunti, accanto a lui una donna, probabilmente una moglie, gli stringe il braccio in segno di conforto.
L'oggetto dell'inquadratura cambia, un sacerdote e degli uomini in nero, anch'essi con la tuba stanno probabilmente fissando l'uomo e la donna, hanno lo sguardo rivolto verso il basso,
Il micfrono e la sua stanza ritornano, dietro compaiono un uomo in giacca e cravatta ed un cameriere, sfocati, non sono ancora importanti quanto il microfono, si scambiano un bicchiere con cui l'uomo in giacca, questa volta inquadrato inizia ad eseguire dei gargarismi.
L'uomo è ripreso dall'alto, con un primo piano del viso, quasi un dettaglio in quanto l'espressione è ben visibile, la musica si ferma, l'immagine è accompagnata dal rumore del gargarismo, terminati, la musica riprende.
C'è una dettagliata ricostruzione del mestiere dello speaker radiofonico, non sappiamo se legata all'importanza dell'avvenimento o all'importanza data dalla corona inglese allo strumento di comunicazione, che comportava non solo che lo speaker fosse in giacca e cravatta ma che con ogni minuzia ci si dedicasse all'annuncio del prossimo discorso del Duca di York.
Mentre lo speaker con disinvoltura si appresta a parlare, ripetendo come un solito mantra ogni secondo che lo separa dal parlare ai suoi spettatori radiofonici, con altrettanto nervosismo, il duca di York, al muro come un qualsiasi bambino che ripete la lezione prima di essere interrogato, ripassa ciò che deve dire davanti non solo ad uno stadio intero ma ad una nazione intera.
La regia mostra l'austero mondo inglese nella preparazione di un qualcosa in cui ha insignito la generale importanza del messaggio della Corona, dalla musica ai personaggio di contorno al Duca di York, tutto è minuzioso e fortemente inglese.
Lo è anche il Duca che però, dovrà fare i conti con la sua balbuzie, causa di un viaggio introspettivo nella grande fragilità che prova. Emotiva, fisica, determinante, la balbuzie è l'incipit che porta Il discorso del Re ad aprirsi e ad essere non solo la scoperta di un Re, e dell'uomo che 'nasconde', ma il viaggio di un'amicizia, di un rapporto autentico, e della solitudine che i reali, i potenti spesso, se umani, possono provare.
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