La terza opera di Sofia Coppola, è Marie Antoniette, ossia le vicessitudini della giovane regina il cui destino è noto a tutti.
concentrato , come vuole il titolo, sul personaggio della regina di Francia, arrivata giovanissima in un paese che le ha imposto modi e costumi , la Delfina di Francia, ha conosciuto fin da subito la solitudine imposta dal dover indossare la corona.
Sposata a Luigi, interessato solo alla caccia ed a provare ad essere all'altezza, Marie Antoniette si è rifugiata in un mondo pieno di vizi e colori, quasi come l'isolamento sentimentale e forse buio possa essere appianato dallo splendore di abiti, cibo e persone amiche di cui è andata a circondarsi.
Per intensificare questo aspetto, i costumi magnifici della nostra Milena Canonero, e la fotografia utilizzata, mirano a far risplendere qualsiasi elemento, umano o inumano presente nella pellicola.
Ricorrendo a colori pastello, richiamati gloriosamente sul viso della Dunst, La Coppola tesse una sottospecie di favola in cui la regina è succube della sua situazione che la porta all'epilogo tragico.
Muovendo i personaggi e gli ambienti in una luce splendente perfino nell'ambiente notturno, la pellicola riesce ad emozionare lo spettatore nei confronti della Regina, sebbene libri di storia per anni l'abbiano presentata come una Maestà frivola ed egoista. Sperimentando il lato intimo del personaggio, si vede la donna Marie Antoniette, costretta a dare un successore, a far dimenticare le origini austriache e perfino alla perdita di un figlio.
Come se la luce ci ricordasse quanto splendore ci sia a Versailles ma anche quanto dolore si nasconde in ogni essere umano, sul finire della pellicola, la luce inizia a spengersi, le ombre avvolgono tutto ma il pastello di Marie Antoniette permane sullo sfondo, come a ricordare che la sua esistenza è destinata ad essere richiamata in ogni colore.
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