Un uomo finito di lavorare, si alza dalla scrivania , prende la giacca di pelle, lascia su una macchina da scrivere e su altre scrivanie , in fila nella stessa stanza, dei fogli.
Si chiude il portone alle spalle.
E' il 5 Gennaio 1984.
Entrato in macchina, viene seguito da qualcuno che lo aspetta.
Arrivato a destinazione, ferma la macchina vicino un garage.
Anche la macchina inseguitrice si ferma un uomo armato scende e spara diversi colpi al passeggero.
Prima che la notte, film per la tv, dedicato alla memoria di Giuseppe Fava, è un lungometraggio aperto con la 'missione' di sottolineare che andremo a vedere, conoscere chi è l'uomo di cui il regista sceglie di non mostrare il viso se non dopo che la narrazione si ferma per fare uno scatto temporale.
chiuso in un ambiente di lavoro, una stanza piena di scrivanie con delle magnifiche macchine da scrivere, vediamo un uomo sicuramente dedito al lavoro che è rimasto fino a tarda ora a correggere degli articoli, si presume siano bozze, che gli autori ritroveranno l'indomani.
Assieme all'articolo, l'uomo ha in mano la sua giacca di pelle, l'elemento che per la maggior parte delle persone ha contraddistinto Fava nelle sue apparizioni.
Come se Vicari dicesse al pubblico :"ho dato voi gli elementi necessari per capire chi è", la narrazione, come scrivevo, ha un salto temporale. L'uomo che avevamo visto morire, è sorridente sul sedile posteriore di una macchina, batte il pugno a ritmo della musica, Blondie, ed in piene stile anni 80, la città è attaversata dalla macchina da presa con gli stessi occhi di Fava che , appassionato dal panorama, ride e continua ad osservare.
E' Maggio del 1980.
Quattro anni prima dell'incipit.
Fava torna a casa per mettere in pratica quella che sarà la sua battaglia contro la macchina più profonda e nera del Paese.
l'incipit è quasi un corto, un musicale forte e sostenuto accompagna lo spettatore, e basta in parte per descrivere il personaggio. Se la colonna sonora non ci fosse, probabilmente, sarebbe l'aspetto, semplice e forte, del personaggio a darci un'idea di chi abbiamo davanti.
che forse è proprio quella che Vicari voleva consegnare allo spettatore che proprio in quel momento conosce Fava. Una persona semplice, che ha fatto della sua scrittura, della sua passione una missione per raccontare, denunciare quanto di marcio avveniva nel suo paese.
Vicari, già autore di documentari e di film in cui marca sempre questo gusto nel raccontare il reale, sottolinea in pochi minuti l'essenziale per comprendere ed invaghirsi di Fava.
Come se fosse ancora lì vivo davanti a noi, suggerendoci quindi perchè i suoi ragazzi, la sua redazione lo ha seguito non potendo smettere di farlo.
Giuseppe Fava, passò gli ultimi quattro anni della sua vita, ad insegnare come reagire alle intimidazioni, a vivere la vita in modo semplice, vero. Magari in questo è proprio simile a Daniele Vicari, regista che non ha mai cercato il finto, l'artificiale ma si è sempre fatto descrittore di ciò che esiste, da fatti realmente accaduti, ai sentimenti veri, quelli della realtà.
Si chiude il portone alle spalle.
E' il 5 Gennaio 1984.
Entrato in macchina, viene seguito da qualcuno che lo aspetta.
Arrivato a destinazione, ferma la macchina vicino un garage.
Anche la macchina inseguitrice si ferma un uomo armato scende e spara diversi colpi al passeggero.
Prima che la notte, film per la tv, dedicato alla memoria di Giuseppe Fava, è un lungometraggio aperto con la 'missione' di sottolineare che andremo a vedere, conoscere chi è l'uomo di cui il regista sceglie di non mostrare il viso se non dopo che la narrazione si ferma per fare uno scatto temporale.
chiuso in un ambiente di lavoro, una stanza piena di scrivanie con delle magnifiche macchine da scrivere, vediamo un uomo sicuramente dedito al lavoro che è rimasto fino a tarda ora a correggere degli articoli, si presume siano bozze, che gli autori ritroveranno l'indomani.
Assieme all'articolo, l'uomo ha in mano la sua giacca di pelle, l'elemento che per la maggior parte delle persone ha contraddistinto Fava nelle sue apparizioni.
Come se Vicari dicesse al pubblico :"ho dato voi gli elementi necessari per capire chi è", la narrazione, come scrivevo, ha un salto temporale. L'uomo che avevamo visto morire, è sorridente sul sedile posteriore di una macchina, batte il pugno a ritmo della musica, Blondie, ed in piene stile anni 80, la città è attaversata dalla macchina da presa con gli stessi occhi di Fava che , appassionato dal panorama, ride e continua ad osservare.
E' Maggio del 1980.
Quattro anni prima dell'incipit.
Fava torna a casa per mettere in pratica quella che sarà la sua battaglia contro la macchina più profonda e nera del Paese.
l'incipit è quasi un corto, un musicale forte e sostenuto accompagna lo spettatore, e basta in parte per descrivere il personaggio. Se la colonna sonora non ci fosse, probabilmente, sarebbe l'aspetto, semplice e forte, del personaggio a darci un'idea di chi abbiamo davanti.
che forse è proprio quella che Vicari voleva consegnare allo spettatore che proprio in quel momento conosce Fava. Una persona semplice, che ha fatto della sua scrittura, della sua passione una missione per raccontare, denunciare quanto di marcio avveniva nel suo paese.
Vicari, già autore di documentari e di film in cui marca sempre questo gusto nel raccontare il reale, sottolinea in pochi minuti l'essenziale per comprendere ed invaghirsi di Fava.
Come se fosse ancora lì vivo davanti a noi, suggerendoci quindi perchè i suoi ragazzi, la sua redazione lo ha seguito non potendo smettere di farlo.
Giuseppe Fava, passò gli ultimi quattro anni della sua vita, ad insegnare come reagire alle intimidazioni, a vivere la vita in modo semplice, vero. Magari in questo è proprio simile a Daniele Vicari, regista che non ha mai cercato il finto, l'artificiale ma si è sempre fatto descrittore di ciò che esiste, da fatti realmente accaduti, ai sentimenti veri, quelli della realtà.
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