Le vite degli altri
Quando si inizia Le vite degli altri, tutto ci si aspetterebbe, meno che la trasformazione dello spietato Compagno Capitano Gerd Wiesler.
Trasformazione o forse riscoperta di un anima che era stata taciuta, nascosta da ciò che la DDR, il muro, il socialismo, la dittatura ha rappresentato in Germania in tutti i lunghi anni in cui la divisione oltre che fisica è stata indubbiamente emotiva e psicologica.
Eppure, gli indizi, c'erano tutti.
Chi va ad uno spettacolo teatrale, la cui contemporaneità -e quindi la denuncia- è palese fin dalla messa in scena, non può non rimanerne toccato.
O forse, è lo sguardo alla foto di Christa, posta sul comodino di Georg, a rimanere impressa al Capitano.
Ciò che comunque conta, ed ha contato sicuramente negli anni in cui ciò è accaduto, è che il sentimento esisteva e sopravviveva ancora.
Era negli scritti dello sceneggiatore teatrale? Nelle reazioni al suicidio scatenato dalla censura e le altre orribili imposizioni della DDR?
O semplicemente nello spartito di Sonata per gli uomini buoni?
Può quindi una musica cambiare il mondo?
Per fortuna, a quanto abbiamo visto, si. Assieme a Brecht.
Sta di fatto che il thriller, il dramma psicologico, diventa una storia d'amore a tre. Georg, Christa ed il loro spettatore che non può non 'tifare' per loro, non può non incoraggiarli e non può lasciarli soli.
Parlare di Le vite degli altri è difficile perchè si teme di tralasciare qualcosa, un dettaglio, un segmento di sequenza, un'immagine.
Ma quello che si deve dire è che è uno dei più grandi film degli anni 2000, il dramma di un uomo, bisognoso di affetto, che lo trova nell'arte e nei suoi artisti.
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