Dopo il caso Weinstein che ha portato alla luce quanto di più perverso e nero possa celarsi dietro un "fabbricatore" di visioni, hollywood ed il mondo dell'arte sta trovando fiducia e coraggio nel denunciare non solo Weinstein ma anche coloro che gli sono intorno o che non conoscevano affatto il produttore.
non si deve per forza infatti conoscere una persona per condividerne sessismo e maschilismo.
Si possono conoscere invece quelle persone, in particolare le Donne, che ora si fanno coraggio e raccontano le loro esperienze dopo tanto tempo.
Tra queste Krista Vernoff, giovane autrice televisiva, che ha deciso di raccontare la sua esperienza. Dalle espressioni infelici di colleghi e capi al resto.....
non si deve per forza infatti conoscere una persona per condividerne sessismo e maschilismo.
Si possono conoscere invece quelle persone, in particolare le Donne, che ora si fanno coraggio e raccontano le loro esperienze dopo tanto tempo.
Tra queste Krista Vernoff, giovane autrice televisiva, che ha deciso di raccontare la sua esperienza. Dalle espressioni infelici di colleghi e capi al resto.....
Diversi anni fa stavo cercando di essere scritturata per un pilot. E portai alla rete televisiva due attrici per il provino. Una era decisamente meglio dell’altra. Ma l’altra aveva colpito il presidente maschio della rete che la trovava “più sexy”. La differenza nella qualità dell’audizione era così estrema, che la sua dirigente donna non poté stare zitta. Disse, “Non è così che dovrebbe funzionare. L’attrice numero uno è andata alla grande. Non dovrebbe andare alla numero due soltanto perché sei personalmente attratto da lei.” Il presidente di questa rete immaginava di essere uno dei bravi ragazzi, e lei lo aveva messo in imbarazzo. Mi concesse di avere l’attrice che si era guadagnata la parte, ma quella potente dirigente donna fu licenziata senza una spiegazione un paio di settimane dopo.
Adesso c’è una nutrita frenesia sui social media. Le persone vogliono puntare il dito contro quelli che negli anni sono stati “complici” con Harvey Weinstein. Sono arrabbiati, comprensibilmente, e cercano obiettivi specifici. Ci sono anche quelli – come ci sono sempre – che vogliono puntare il dito contro le donne vittime di Harvey per non aver parlato prima. Come se sacrificando le loro vite e le loro carriere, avessero potuto trasformare da sole la marea della misoginia sistemica su cui si fonda questa città. “Gwyneth è tanto potente! Avrebbe dovuto parlare prima,” dicono, nella credenza dolorosamente ingenua che se Gwyneth avesse parlato prima, non avrebbe mai avuto tanto potere.
La triste e dolorosa verità è che praticamente tutti in questa città sapevano chi fosse Harvey. Questa settimana ho fatto lunghe chiacchierate con i miei amici di mentalità più aperta. Sapevamo che era uno stupratore? Non lo sapevamo. Ma sapevamo che per decenni ha offerto alle attrici grandi carriere in cambio di favori sessuali? Sì, lo sapevamo – e non facciamo errori, che questo è il suo tipo di stupro. E ci siamo tutti – o qualcuno di noi – rifiutati per ragioni morali di fare affari con lui? No. Abbiamo fatto TUTTI AFFARI CON LUI. Io non ho fatto mai affari con Harvey ma posso dirvi con certezza che lo avrei fatto – perché sono stata recentemente avvicinata da un film festival che lui sponsorizza. Mi hanno chiesto di presentare un corto affinché lo prendessero in considerazione ed io l’ho fatto senza pensarci due volte. Sono una femminista convinta ed una portavoce di questo. Ed ho una bella carriera. Non avevo bisogno del mio film fatto in casa nel suo festival – questo non mi avrebbe creata o distrutta. Quindi perché non ci ho pensato due volte? Perché questa città intera è costruita sui preoccupanti principi che Harvey porta ad estremi raccapriccianti. Se non lavoravo con persone il cui comportamento trovavo reprensibile, non avrei avuto una carriera.
La prima volta che ho fatto un colloqui per un lavoro di scrittrice, avevo 28 anni. Indossavo un vestito che avevo comprato da Old Navy e sorridevo con tutto l’entusiasmo che sentivo al momento di entrare nella stanza. Lo showrunner uomo mi guardò dalla testa ai piedi per un minuto buono, poi disse, “Mi è piaciuto il tuo copione. Ti ha aiutato qualcuno a scriverlo?” Era disgustoso. Profondamente offensivo. L’ho sfidato? Me ne sono andata? No, ho riso. Sono rimasta. Ho fatto il colloquio di lavoro. Perché è questo che facciamo.
Il secondo anno che lavoravo in televisione, ero in piedi davanti la lavagna magnetica spiegando una trama alla stanza quando il mio showrunner uomo mi chiese – davanti a sei colleghi uomini ed un’anziana collega donna – se io fossi brava a letto. Tutti risero – alcuni sentendosi a disagio. Che feci? Sorrisi, ci scherzai, mi turbai, passai oltre, spiegai la mia trama. Più tardi la collega donna venne al mio studio e si scusò. Disse che avrebbe voluto parlare per me. Fu l’unica che venne. Ed ovviamente, poiché ci scherzai, per il mio showrunner avevo “fatto la cosa giusta.” Nelle settimane successive fece commenti sempre più allusivi. Alla fine “scherzai” che con quei commenti che stava facendo avrei potuto fargli causa. Lo dissi con un sorriso. La prese con rabbia ed il nostro rapporto di lavoro non è mai stato più lo stesso da allora. Perché quando parliamo la paghiamo – anche se lo facciamo con un sorriso.
E questi esempi sono dettagli insignificanti in questa cultura in cui lavoriamo, in questa città più che liberale. Ogni donna che conosco, ogni collega donna che ho, ha storie come queste ed anche peggiori. Quindi lavoriamo all’interno di questa cultura così da accumulare un po’ di potere cosicché possiamo avere una voce. E coloro che non lo fanno – quelli che urlano e strillano “questo non va bene” quando si sentono minacciati o screditati (quelle donne che hanno parlato contro Harvey prima dell’articolo del New York Times) – vivono per lo più ai margini di questa città. Non hanno potere. Non ottengono il palco che la tendenza dominante fornisce. Ed è questo il motivo per cui è particolarmente fastidioso quando le persone puntano il dito contro le donne potenti che ora stanno usando la loro voce. Il “Sta cercando soltanto di avere il suo nome nei titoli, di seguire la moda” è la misoginia a lavoro perché ignora a cosa queste donne potenti sono sopravvissute per ottenere quel potere. Ed ignora il fatto che 45 [donne] sono ancora alla Casa Bianca nonostante il fatto che molte donne lo abbiano accusato di violenza.
Posso mettere apertamente messaggi femministi in un importante programma televisivo ogni settimana e raccontare le mie storie che hanno come protagoniste centrali le donne perché ho ampliamente giocato secondo le regole di Harvey – regole con cui tutti abbiamo giocato. Le regole secondo cui abbiamo deriso la misoginia. Le regole secondo cui Casey Affleck ha vinto un Oscar nonostante le accuse. Le regole secondo cui Woody Allen ha spostato la sua figliastra ed ha ancora una carriera. Le regole secondo cui Bill Cosby non è stato dichiarato colpevole di reato e la maggior parte di Hollywood è rimasta in silenzio. Le regole secondo cui registi uomini mediocri possono fallire, ma registe donne hanno soltanto una possibilità (se sono fortunate). Le regole secondo cui le attrici devono essere magre come lo spessore di un foglio di carta ed affamate tutto il tempo, ed alla fine sono chiamate pazze se si lamentano di qualcosa. Le regole secondo cui le donne non possono invecchiare, che sia in televisione o nei film, ma gli uomini possono avere rughe, capelli grigi e “fisici rotondetti” e, sono ammirati per questo. E se pensate che io stia fondendo i pregiudizi di genere con le molestie sessuali – lo sto facendo, perché è la cultura della misoginia che permette entrambi. Una cultura che apertamente paga le donne notevolmente di meno rispetto alle loro controparti maschili sostenendo il concetto che le donne sono letteralmente senza valore. Questa forma mentis porta facilmente all’idea che le donne possono essere portate contro la loro volontà nelle stanze di albergo come giocattoli, come proprietà.
Ho assunto molte donne ora. Prendo posizione contro gli abusi adesso. Mi rifiuto di chiedere alle attrici di perdere peso adesso. Ho accumulato abbastanza prestigio ora, che insisto affinché gli elenchi di registi che mi vengono proposti dagli studios includano al 50% donne. E faccio queste cose con la speranza che la prossima generazione di donne di questa città non abbia storie come le mie.
Questa intera cultura è complice. Sono così grata che finalmente stiamo parlando di questa cosa. Spero davvero che questo sia un punto critico e che ci sia la possibilità di un cambiamento reale. Perché ad una cena che c’è stata il mese scorso, ho incontrato una scrittrice donna intelligente e spiritosa che aveva appena dovuto lasciare il lavoro che ama perché un produttore esecutivo tra quelli molto potenti che è molto vicino ad Harvey – e che questa settimana ha fatto molto rumore “scioccato e sofferente” nella speranza di proteggere la sua società – non smetteva di metterla all’angolo nelle stanze e di farle delle avances. E tutti lo sanno. Soltanto perché il Times non vi ha scritto un articolo su di lui, non fa di questo una cosa non vera. Se restringiamo la cosa soltanto intorno ad Harvey, abbiamo già perso.
Commenti
Posta un commento